“Progetti interattivi” li definisce il critico d’arte Franco Campegiani nella prefazione a “Poesie d’acqua”, di Stefania Camllleri, pittrice acquarellista (TerreSommerse ed., pp. 128, euro 20, formato grande), queste osmosi di colori e parole.
In realtà, la vicinanza “sensibile” delle Arti è stata sognata, rincorsa, realizzata più di quanto si pensi nel corso dei secoli. Il melodramma è un antenato del cinema sonoro, più del teatro greco fornito di Coro e musica. Parola, pittura (la scenografia), il suono: ecco la completezza dell’arte, che poi avrà sviluppi col film. Ora, sappiamo pure che ci sono due definizioni celebri degli accostamenti fra le tre maggiori espressioni della fantasia creatrice: “ut pictura poesis” (diktat dei Neoclassici) e “ut musica poesis” (estetica dei romantici).
In questo libro “stravagante”, nel senso di extra-vagante, cioè originale non per fattori tematici ma intensivi, dove parola e colore si rimbalzano quasi a caso, per affinità elettive “a priori”, noi fruitori proviamo un duplice sentimento: quello che la parola fa sognare i riflessi tonali del quadro, e quello che i colori fanno cercare il sintagma adatto. Insomma, non si tratta di poesie che commentano una tela o viceversa. Qui è questione di incontri su emozioni simili.
Ma parliamo ora della galleria di Stefania Camilleri. A fine volume appaiono alcune testimonianze (Anna Manna, Giuseppe Napolitano Vittorio Marchi etc.), che illuminano il labirinto tematico e formale di Camilleri.
Non voglio ripetermi con loro, perché le condivido tutte senza riserve.
La mia testimonianza, invece, parte da una sensazione immediata, scaturita dal quadro “Gocce di spazio”, ove delle “lacrime” (direi, col poeta latino: “sunt lacrimae rerum”) si adagiano su una superficie eterea, che rimanda alle gocce lunari di un altro quadro, e poi all’infnito profondo che Stefania Camilleri tenta in vari modi, sempre magnifici, ossimorici, esatti e vaghi allo stesso tempo, quasi una metafora dell’impossibile cui l’animo tende, per sempre, per sempre… in un itinerario senza ritorno e senza approdi: appunto, all’infinito…